Descrizione
IL LIBRO
Dalla Postfazione di Massimo Caviglione:
I canti dell’occhio di Erika Dagnino sono appunto canti, quindi per autodefinizione emissioni verbali e musicali di suono appartenenti/riguardanti l’udito e l’orecchio, organo uditivo, che si riferiscono all’occhio, strumento visivo per antonomasia. Ma il sensismo è il contrario della fruizione-contemplazione poetica. Il canto vuole un soggetto, seppure il più absconditus possibile, e un oggetto magari il più astratto e inafferrabile, ed è appunto l’occhio contemplativo-contemplato ad assumere la doppia funzione, materia e intonazione, referente e incipit ispirativo dei componimenti. Anche qui, come in tutte le opere di Dagnino, la parola trascolora (varia, nel senso di variazione, anche musicale) nell’oggetto, che trascolora nell’Altro-da-Sé, quindi nell’Altrove, nel Non-Oggetto, ovverossia l’oggetto quando perde la sua abituale funzione referenziale per assumerne un’altra o mille altre, si disoggettualizza dal contesto, perfino dal concetto, senza perdere la sua sostanza immaginale…
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